lunedì 23 febbraio 2009

La politica a Rovereto

Ciao a tutti,
ritorno sulla scena di Rovereto per riprendere i discorsi del nostro partito a fronte del lavoro che le comunali del 2010 ci porteranno a fare. Tenuto presente4 del " grande progetto di Centro" ritengo utile iniziare a discutere in modo costruttivo già da oggi sul cosa fare nei prossimi cinque anni per irlanciare Rovereto e per avere una propria autonomia e determinazione nel portare avanti tematiche importanti come l'urbanistica, la formazione, il sociale, la sanità.
L ' Udc ha seguito un percorso lineare, e non solo negli ultimi mesi. Noi per primi abbiamo posto all'attenzione, più di un anno fa, l'occasione delle elezioni provinciali come momento di progettualità politica per il Trentino. Indicavamo due punti principali a cui dare risposta:
1. la fragilità del «sistema Trentino» davanti alle nuove sfide dell'economia e degli assetti istituzionali nazionali ed europei, rispetto alle quali occorre irrobustire il governo dell'Autonomia;
2. la necessità di vincere il diffuso timore per il futuro che attanaglia giovani e famiglie davanti ad una crisi economica e culturale, superando la risposta puramente assistenziale per coinvolgere invece in un nuovo protagonismo sociale tutte le energie di cui il territorio è ancora ricco.
Nasceva da qui, insieme ad una critica per certe inadeguatezze della giunta provinciale, la nostra affermazione di una idea politica degasperiana, «territoriale» perché attenta ai problemi concreti, capace di trarre ispirazione dalla dottrina sociale cristiana come grande risorsa per progettare il futuro, guardando all'orizzonte politico dell'Europa in cui ci collochiamo come soci fondatori del Partito popolare europeo. Nella nostra visione della politica non trova posto l'idea di «essere contro» qualcuno, sia quando si tratti di Prodi, che di Berlusconi, che di Dellai, ma la moderazione dei toni non vuol dire che non abbiamo idee e programmi, che sono chiaramente e sicuramente alternativi alla socialdemocrazia e alla sinistra, da cui ci distingue la cultura politica stessa. Noi abbiamo una proposta politica, energie e risorse da mettere a disposizione del Trentino, e siamo in grado di esprimere nostri candidati. A livello nazionale questa impostazione ci ha portati a essere «da soli» al centro, pur di non scioglierci nel contenitore indistinto e imprecisato del Pdl. L'elettorato ci ha consentito una presenza parlamentare, e ha incoraggiato il nostro partito a proseguire un percorso «costituente di centro», che vuol dare forma ad un nuovo partito che collabori alla guida del Paese partendo da una posizione «di centro», di ispirazione cristiana, con una politica solidaristica ma non dirigista. Tanto a livello nazionale, che a livello provinciale. La prima opzione, coerente con la scelta nazionale, è stata quella di proporci da soli, con un nostro candidato. Sono quindi successi due fatti, importanti:
1. il presidente Dellai ha promosso la novità del partito territoriale, che tanti punti di contatto ha con le nostre posizioni, espresse in epoca non sospetta, pur con differenze non marginali, in particolare per quanto riguarda il rapporto con il Pd;
2. il centrodestra ha snobbato le nostre proposte, e si è sbilanciato assegnando alla Lega una posizione di centralità che non ha precedenti nella storia politica del Trentino, mentre il resto della coalizione ha manifestato divisioni e incertezze che molti dubbi suscitano sulla capacità di governo e sul senso di responsabilità politica.
Non abbiamo preclusioni personali nei confronti del senatore Divina, ma la centralità della Lega nella coalizione è un grosso ostacolo a una nostra collaborazione, proprio dal punto di vista programmatico. Basti porre mente a due questioni:
1. il problema dell'immigrazione, che richiede di trovare il giusto equilibrio nel rispetto della dignità della persona, per garantire la sicurezza a tutti i cittadini, l'accoglienza agli immigrati onesti, il cui lavoro e la cui integrazione sono utili per l'economia del Trentino;
2. il problema dell'assetto istituzionale nazionale, in cui il federalismo propugnato dalla Lega si propone di mettere in discussione la nostra Autonomia speciale (non lo diciamo noi, ma esponenti leghisti tra i quali il sindaco di Verona).
Un governo trentino a guida leghista è una forzatura che lascia perplessi. La scelta alternativa, a questo punto, non può essere però quella di correre da soli, perché non avrebbe influenza sull'esito elettorale, bensì quella di perseguire fino in fondo il progetto politico del «centro» di ispirazione cristiana con le forze politiche a esso più affini e più interessate: Upt e Patt, in primo luogo, con un programma omogeneo, basato sulla centralità della famiglia, sulla promozione delle realtà sociali ed economiche di tutto il territorio trentino, su una valorizzazione dell'autonomia che guardi al futuro. E forse dal punto di vista istituzionale, occorrerebbe recuperare un quadro più rigoroso di incompatibilità tra incarichi politici locali e nazionali. Crediamo che questo «Centro» possa diventare il baricentro della politica italiana, e si ponga oggettivamente in alternativa ai due schieramenti oggi prevalenti, del Pd e del Pdl. Se poi su questo Centro convergeranno altri, sulla base del confronto e dell'affinità di visioni politiche, il Trentino diventerà laboratorio di buona politica per stabilizzare il Paese e affrontare i problemi. Non vediamo al momento nel centrodestra chi si adoperi per questo scopo, e per quanto riguarda il Pd. In Germania il governo di unità nazionale nato per volontà degli elettori sta operando, senza confusione di identità, per il bene del Paese con un capo del governo indubitabilmente centrista.

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